Scoliosi – Domande frequenti

Scoliosi
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La scoliosi è una deformità della colonna vertebrale caratterizzata da una torsione della colonna nei tre piani dello spazio. In pratica la colonna si avvolge su se stessa come una molla.

La scoliosi è una curvatura della schiena che può comparire per diverse patologie. Il primo problema è quindi escludere che non ci sia un’altra patologia (scoliosi secondaria). Nell’85-90% dei casi è primaria o, come diciamo noi, è idiopatica: una parola elegante per dire che non ne sappiamo le cause.

La scoliosi si aggrava soprattutto nel periodo della crescita, e in modo particolare in corrispondenza della spinta puberale (10-13 anni nelle femmine, 12-15 anni nei maschi), fino al termine della maturazione ossea (1-2 anni dopo il termine della crescita staturale). Non esistono sintomi come solitamente definiti. Guardate la schiena dei vostri figli soprattutto nel periodo di maggior rischio, e fatelo con un test molto semplice, chiamato test di Adams, o bending test (test della flessione anteriore).

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In questo modo possiamo valutare precocemente la possibilità di sviluppo di deformità vertebrali in un periodo ad alto rischio, individuando fin da subito la presenza iniziale delle stesse. Perché la prevenzione è meglio della cura: identificare la deformità vertebrale a uno stadio precoce permette il miglior successo del trattamento conservativo.

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E’ importante andare dal proprio medico o pediatra di famiglia subito, soprattutto se si è nel periodo di crescita rapida. Il problema è infatti che la scoliosi è una patologia che evolve, a volte anche molto rapidamente, particolarmente nel periodo della pubertà: in quel momento, se non si è più che tempestivi, si corre il rischio di trovarsi di fronte a una scoliosi grave che richiede poi trattamenti molto più impegnativi.

Il medico di famiglia, se riscontra la scoliosi, darà indicazione per una visita con un medico specialista della colonna, come i medici di Isico: attenzione perché non tutti i fisiatri o gli ortopedici lo sono, e purtroppo chi si occupa magari di artrosi o di traumatologia e vede solo raramente bambini con problemi alla schiena corre il rischio di sbagliare molto più facilmente. I medici di Isico sono specializzati proprio nelle patologie della colonna.

L’esame più semplice è il bending test: si fa flettere anteriormente il busto del ragazzo in avanti, con il capo chino, le braccia rilassate e gli arti inferiori estesi. Così facendo, si evidenziano i gibbi che si devono misurare nel punto in cui c’è il maggior dislivello tra i due lati. La misurazione dei gibbi si effettua utilizzando uno scoliometro per determinare l’angolo di rotazione del tronco. Nel caso in cui si riscontri un valore superiore ai 5° è necessaria una visita specialistica.

Assolutamente sì, ed è un rapido test per capire se si è capitati dal medico esperto di colonna, che misurerà sempre le radiografie in caso di scoliosi.

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Gli esercizi specifici per la scoliosi sono il primo step che applichiamo con pazienti con curve lievi (sotto i 15°) e che poi, nel caso di curve più gravi (generalmente oltre i 20°), abbiniamo al corsetto. Gli esercizi hanno difatti la capacità di allenare il fisico pur non sostituendosi al corsetto là dove è richiesto. In Isico utilizziamo l’approccio  Seas (Approccio Scientifico con Esercizi alla Scoliosi) che è in continua evoluzione in base alla ricerca scientifica.

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Tanti utilizzano tecniche a volte inutili, a volte addirittura dannose per i pazienti con scoliosi. Spesso queste tecniche si nascondono dietro grandi nomi, non di rado stranieri: da Mézières a Souchard, dalla Rieducazione Posturale Globale all'osteopatia, per giungere alla chiropratica, alle manipolazioni di diverso genere, al Sohier, al Klapp, ai vari byte, plantari su misura, spessori e cunei assurdi, ma anche i massaggi, le elettrostimolazioni e tutte le tecniche passive.

Alla base ci sono i principi dei maestri ispiratori e non le necessità della patologia e soprattutto del paziente, in questo modo si possono provocare dei grandi danni: in primo luogo ai pazienti e poi alla serietà di chi lavora bene anche con gli esercizi.

In letteratura ci sono numerosi lavori pubblicati che sostengono l'utilità degli esercizi. Di certo sappiamo che gli esercizi corretti, come quelli proposti da ISICO su rigorose basi scientifiche teoriche e secondo le attuali prove di efficacia in letteratura medica, sono sia una prevenzione quando la scoliosi è lieve sia un elemento essenziale per ottenere un risultato finale ottimale quando si indossa un corsetto.

Il corsetto viene prescritto solitamente in presenza di curve significative (di solito oltre i 20°-25°)e considerando il potenziale di crescita e quindi di aggravamento della scoliosi. Questo potenziale viene valutato in base allo stadio di crescita ossea del paziente.

Inizialmente va sempre indossato per un numero di ore compatibile con la situazione clinica, da un minimo di 18 ore fino a 23-24 ore al giorno. Bisogna ricordare che, come dimostrato in letteratura, la massima efficacia si ottiene col corsetto indossato a tempo pieno.

Dipende dalla crescita ossea singola, quindi va considerato caso per caso.

Se la scoliosi si attesta sotto i 30° viene considerata risolta, oltre i 30° invece ci può essere un rischio di peggioramento e quindi la schiena va controllata periodicamente.

Certo, magari escludendo, nei casi più gravi, lo sport agonistico. Lo sport, anzi, viene considerato un elemento molto importante da affiancare alla pratica di un’attività rieducativa specifica perché è il mezzo naturale per coltivare e migliorare le buone capacità neuromotorie del corpo in crescita dell’adolescente, perché rinforza le qualità fisiologiche di base della colonna vertebrale in difficoltà, perché riduce gli effetti collaterali del corsetto, quando è previsto il suo uso.
Inoltre, la pratica di un’attività fisica con il corsetto indossato (quando possibile) amplifica l’azione modellante delle sue spinte.

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Il nuoto è uno sport completo per gli arti, cuore e polmoni, ma non per la schiena: la colonna è progettata per affrontare la forza di gravità e a questo la si deve allenare. Mettendosi in acqua si toglie il peso sulle spalle: utile in fase acuta, inutile per allenare la schiena.
La tradizione del nuoto, come correttore della scoliosi, parte dai tempi in cui si pensava che la scoliosi si curasse levandosi dalla forza di gravità. Pensate che esistevano nell’Europa dell’Est centri che cercavano di curare le gravi scoliosi mettendo i pazienti a letto per dei mesi. Con la riabilitazione noi oggi cerchiamo di allenare delle qualità fisiche per fronteggiare la forza di gravità e questo si ottiene meno bene in acqua.

In Isico abbiamo “pensionato” gesso e Milwaukee perché abbiamo un corsetto altrettanto efficace (se non di più, perché più progressivo e in grado quindi di continuare a correggere nel tempo): lo Sforzesco.
Di certo le correzioni con il Milwaukee della sola scoliosi sono ottime, e se ci si concentra su quelle, allora non c’è motivo di cambiare. Se si guarda alla testa e alla psiche oltre che alla schiena, se si pensa alla funzione futura della colonna e non solo alla sua anatomia, se concretamente si punta a far portare il corsetto e non solo a prescriverlo, allora i motivi per abbandonare il Milwaukee (secondo noi) sono di gran lunga superiori a quello di continuare a prescriverlo.

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Isico utilizza corsetti correttivi bassi, che restano tranquillamente sotto la maglietta, purchè un po’ morbida, e sono veramente ben tollerati e poco visibili. Con questi si può fare sport, ginnastica a scuola, si fa vita assolutamente normale. Anzi, non solo si può: si deve. Perché più ci si muove con il corsetto addosso migliori risultati si ottengono. Il corsetto non è un armatura: è un trattamento impegnativo ma è un’ortesi esattamente come l’apparecchio per i denti, antiestetetico (certamente di più del corsetto per il tronco, solo che è socialmente più accettato) e fastidioso, tuttavia utile, nel nostro caso il vantaggio non è solo estetico ma anche importante per l’età adulta in termini di minori dolori e problemi alla schiena.

Quando è inevitabile, ossia quando non si è riusciti a curare la scoliosi con metodi non chirurgici, quando supera livelli che possono creare problemi al paziente per il resto della sua vita, e il paziente e la famiglia lo accettano

La posizione seduta provoca nel bambino le stesse conseguenze, esaltate per intensità, che provoca negli adulti. La colonna vertebrale non è infatti progettata per restare a lungo in posizione seduta, cioè dal punto di vista della colonna piegata in avanti, con una inversione della normale curvatura che tutti abbiamo nella parte bassa della schiena (la lordosi).
Questo sviluppa “sofferenza” delle strutture, che necessitano di un sollievo tramite il cambio di posizione frequente, sia per non riportare dei piccoli danni sia per non andare incontro a una vera e propria “asfissia” da carenza di ossigenazione.

Il bambino si muove spesso nel tentativo di dare sollievo alle proprie strutture. Se la classe diventa irrequieta, fate alzare tutti per due secondi, con un giro intorno alla sedia: i bambini dopo saranno più calmi perché la colonna avrà avuto un sollievo e più attenti perché si saranno distratti un po’. Inoltre, vietato far saltare l’intervallo o farlo in classe da seduti; infine, bisogna fare camminare i bambini almeno a ogni cambio dell’ora, meglio ancora ogni 30-40 minuti.

No. Esistono solo posture corrette e scorrette. Per quanto riguarda la scoliosi, non esiste banco che la provochi. Solo il dorso curvo può riconoscere una causa in una esagerata sproporzione tra il banco e la sedia che causa una posizione a lungo flessa in avanti.

Queste dimensioni sono certamente adeguate dal punto di vista ergonomico. L’ergonomia moderna insegna però che non può esistere una sedia o un banco che da solo garantisca di evitare problemi. Tutti gli strumenti possono essere usati bene o male: se abbiamo la sedia più ergonomica, il banco meglio progettato e non sappiamo usarli correttamente, allora non risolveremo mai i problemi.

La fine della terapia non implica che la scoliosi sia guarita, dato che dalla scoliosi non si guarisce. Guarire vorrebbe dire tornare a zero gradi, cosa che è realmente eccezionale, ma ciò che conta in realtà è avere una curva lieve anche se la colonna non è perfettamente dritta. La terapia della sco-liosi finisce al termine della crescita ossea, a parte i casi gravi scoperti molto tardi o quei casi in cui la maturazione ossea è più lenta della media. A quel punto si entra nella fase del monitoraggio, con controlli periodici ogni anno, biennali o triennali a seconda dell’entità. Se a un certo punto la scoliosi inizia a peggiorare ci sono 2 possibilità: sottoporsi all’intervento, oppure mettersi a fare regolarmente esercizi specifici per mantenere la situazione stabile.

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Purtroppo con la scoliosi non c’è garanzia di risultato. Secondo la nostra esperienza non ci sono praticamente problemi a controllare curve sotto i 30° scoperte in età adolescenziale (diverso il caso delle scoliosi infantili e giovanili, che peggiorano invece quasi sempre in pubertà nonostante il trattamento). Oltre i 50° invece i possibili peggioramenti nonostante un trattamento ben fatto sono comuni. Il problema quando si hanno più di 50° di curva è che non basta stabilizzare, ma si deve migliorare. Questo è pos-sibile, ma costa molta fatica, corsetti fatti perfettamente, usati al meglio, ed esercizi corretti e ben adattati al trattamento (ossia integratiperfettamente con il corsetto). Tra i 30° e 50° il peggioramento è comunque molto raro (ben al di sotto di 1 caso su 100 - sempre che si lavori bene), ma è sempre possibile, purtroppo.

Un atteggiamento scoliotico non è una patologia: si tratta semplicemente della presenza di lievi asimmetrie. Bisogna distinguere un dismorfismo come la scoliosi da una paramorfismo come l’atteggiamento scoliotico. In quest’ultimo infatti mancano i classici segni clinici della scoliosi come il gibbo, provocato dalla rotazione vertebrale e la deformità ossea presente radiograficamente. Pertanto, senza una curva radiografica e in assenza di rotazione, per definizione non siamo di fronte ad una scoliosi. In questi casi, se non basta un rinforzo muscolare generico dato dall’attività fisica regolare, può essere utile della ginnastica specifica. Durante il periodo dello sviluppo è opportuno fare qualche controllo specialistico per essere sicuri che l’atteggiamento scoliotico non nasconda una piccola scoliosi vera. In tal caso sarebbe necessario un tratta-mento più specifico.

- Le deformazioni ossee, una volta acquisite, sono molto poco (per non dire quasi per nulla) modificabili senza ricorrere a strumenti esterni al nostro   corpo. Si possono correggere gli atteggiamenti posturali, ma non le ossa, e la scoliosi è una deformità delle ossa.

- Non esiste una terapia che corregga del tutto la scoliosi vera: non ci riesce la chirurgia, non ci riesce il corsetto, tanto meno ci possono riuscire degli esercizi.

- Se si riesce a raddrizzare una colonna, allora vuol dire che quella non era una scoliosi vera ma un atteggiamento scoliotico (e quindi bastava un po’ di sport per recuperarla, senza nessuna terapia)

Oggi non esistono prove circa l'efficacia dell'osteopatia come terapia della scoliosi. Chi utilizza l'osteopatia nel campo della scoliosi come unica arma si assume un rischio considerevole, poiché lo fa senza aver verificato la reale efficacia di quello che sta facendo, o se lo ha fatto non ha poi pubblicato i dati al fine di far crescere l'intera comunità scientifica. Sicuramente la strada dell'osteopatia appare molto più affascinante e più facile di quella del corsetto.Qualcuno propone invece l'associazione dell'osteopatia agli altri trattamenti, non come alternativa ma come arma in più. Anche in questo caso non è possibile dire con certezza se ci possano essere dei vantaggi. Ultimo commento: quanto detto per l'osteopatia vale anche per la chiropra-tica e tutte le metodiche di medicina manuale, come appare da un lavoro di revisione della letteratura pubblicato qualche tempo fa dal nostro gruppo.

Medicina è tutto ciò che si muove in ambito scientifico, con verifica dei risultati, e "non scientifico" tutto il resto. E un paziente dovrebbe fidarsi solo di chi si muove in ambito scientifico: tra questi non ci sono i Metodi, che per definizione sono basati sulle idee del loro inventore, che spesso è persona carismatica e di grandi capacità, ma questo non basta. Meziéres, Souchard (o Rieducazione Po-sturale Globale, o Campo Chiuso, o Posturale), Bertelè, Pancafit, Sohier, ID (I-stituto Duchenne) sono solo alcuni dei Metodi confrontatisi con la scoliosi sulla base delle idee di chi li ha inventati e non sulla base delle conoscenze scientifiche

Quando un medico prescrive un corsetto è come se prescrivesse un mobile. Se prescrive un corsetto "Cheneau" oppure un corsetto "Lyonese" è come se prescrivesse "una credenza" oppure "un tavolo da cucina". Tutti possiamo andare da un artigiano costruttore di mobili (in questo caso da un tecnico ortopedico, che lavora sempre su misura e mai sul preconfezionato che non ha alcun senso nelle deformità vertebrali) che ci può dare un mobile (prescrizione di un corsetto) oppure una credenza (prescrizione di uno Cheneau). I medici più avanzati scrivono anche quante spinte, dove localizzate, quanto alte etc: è come se scrivessero quante ante della credenza, quanti cassetti. Ma c'è ancora una discrezionalità enorme da parte del mobiliere. Ecco perché in questo campo gli esperti hanno definito a livello internazionale che vale solo la collaborazione diretta tra un medico e un tecnico ortopedico: solo così si avrà un prodotto esattamente corrispondente alle necessità del pa-ziente. Gli esperti hanno pure definito che i due devono lavorare insieme regolarmente, che si devono confrontare caso per caso per poter arrivare a dare il prodotto migliore al paziente. Detto questo, è evidente che non tutti i corsetti sono uguali. Noi personalmente crediamo fermamente che la tollerabilità del corsetto sia un obiettivo da perseguire, così come la sua minor visibilità in assoluto. E' per questi motivi che non usiamo più alcuni modelli di corsetti visibili, ingombranti, spesso dolorosi.

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L'intervento deve essere una scelta del paziente condivisa con il medico e la propria famiglia. I rischi e le possibili complicanze dell'intervento sono tali da non poter "imporre" una scelta del genere ai pazienti. Quello che i medici de-vono fare è dare correttamente tutte le informazioni (basate sulla scienza e non solo sulle nostre personali opinioni) ai pazienti e alle famiglie e poi gli strumenti perché si possano curare nella maniera migliore possibile. L’intervento è infatti una terapia senza ritorno, è una scelta definitiva.

  •  la chirurgia, definitiva, da cui non si torna indietro, più invasiva e rischiosa, che però garantisce il non peggioramento e la possibilità di "dimenticarsi" della scoliosi per anni.
  •  esercizi specifici e cura costante della propria schiena; da questa scelta si può tornare indietro, se le cose peggiorano, anche se i rischi dell'intervento più si va avanti negli anni più aumentano.

La rottura della barra è una delle possibili complicazioni dell'intervento. Succede, non spessissimo, ma succede. La barra spesso si trova in un tessuto cicatriziale se non addirittura osseo e quindi questo fa sì che non ci siano problemi particolari. Tutto dipende da una valutazione e la scelta se ri-operare o meno dipende dalla valutazione dei possibili danni che la barra può provocare rispetto ai rischi di un re-intervento. Questo va chiesto al chirurgo direttamente per poter fare una scelta cosciente.

Secondo l’evidenza scientifica esistente, nell’ambito del trattamento conservativo della scoliosi, gli esercizi fisioterapici specifici vanno impiegati come primo step terapeutico, in caso di scoliosi lievi e medio-lievi. L’obiettivo è fermare o limitare la progressione della curva in pubertà, prevenire le disfunzioni respiratorie ed eventuali algie vertebrali e migliorare l’estetica del paziente. Gli esercizi si basano sulla nozione fondamentale dell’autocorrezione del paziente, il quale impara, con l’esercizio specifico appunto, a contrastare la deformità, nei tre piani dello spazio, verso cui viene spinta la sua colonna vertebrale.
Da quanto detto deriva l’altra caratteristica fondamentale di tali esercizi: quella di essere ‘costruiti’ specificamente addosso a ogni paziente, perché ogni scoliosi costituisce un ‘mondo a sé’ e va pertanto affrontata con piani fisioterapici personalizzati e individuali. Infine un’ulteriore caratteristica è quella di essere inseriti nel contesto delle attività della vita quotidiana.
Lo Yoga, al contrario, non ha finora dimostrato scientificamente alcuna efficacia, nel trattamento conservativo della scoliosi. Lo yoga fa parte di quel gruppo di tecniche di movimento alternative che in alcuni casi, soprattutto negli Stati Uniti, vengono usate anche come tecniche di trattamento di problemi di salute. Lo yoga, dunque, è costituito da esercizi o posizioni ripetute, che non contemplano assolutamente il concetto dell’autocorrezione, né sono ‘tagliate’ specificamente addosso a ogni paziente. L’unico obiettivo comune, che alcune posizioni dello Yoga potrebbero avere con gli esercizi fisioterapici specifici citati, è quello di incrementare l’effetto stabilizzante dell’esercizio stesso, ma anche questo resta da dimostrare in termini scientifici.

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Bicicletta
Nel codice non c’è nulla di esplicito che riguardi la guida della bicicletta. L’unico articolo teoricamente applicabile dice che “i ciclisti devono avere libero l’uso delle braccia e delle mani e reggere il manubrio almeno con una mano; essi devono essere in grado in ogni momento di vedere liberamente davanti a sé, ai due lati e compiere con la massima libertà, prontezza e facilità le manovre necessarie”. Per quanto riguarda la pedalata, potrebbe esserci qualche problema se la posizione del manubrio rispetto alla sella obbliga a piegarsi a livello dell’anca molto più di 90°. In questo caso, è indispensabile modificare quanto basta l’altezza del manubrio (o la sua forma) e quella della sella, perché la pedalata sia libera.

Motorino, scooter e moto.
Secondo il codice della strada non c’è alcun problema per la guida di qualsiasi veicolo. Se mani e gambe sono utilizzabili si può guidare anche un’astronave.


Attenzione! In caso di incidente, l’assicurazione potrebbe creare dei problemi. Se guidate auto o moto, il consiglio è quello di sentire anche la propria assicurazione e se dovesse richiedere ulteriori specifiche in merito al corsetto che indossate, parlatene con il vostro medico.

Il primo motivo si basa su uno studio pubblicato di recente (http://www.ncbi.nlm.nih.gov/pubmed/24859575) che dimostra che ci vogliono almeno due ore perchè la colonna vertebrale raggiunga la correzione desiderata dopo aver indossato il corsetto: la schiena non raggiunge la massima correzione appena indossato il corsetto, ma dopo almeno 2 ore. Quindi bisognerebbe sommare alle ore di libertà dal corsetto anche le ore necessarie per ritornare in correzione all'interno del corsetto. Con più pause, la terapia può risultare meno efficace, a parità di ore di indossamento. 

Il secondo motivo è che ovviamente togliere il corsetto è un piacere (anche i più piccini imparano in un attimo!), rimetterlo molto meno, per cui spesso si tergiversa, indugiando sotto alla doccia, finendo una telefonata o tardando in giro con gli amici. Così le ore di libertà si dilatano senza rendersene conto. E se questo avviene più volte al giorno, sarà ancora più difficile rispettare le indicazioni del medico.

In realtà, la preoccupazione per le radiazioni delle radiografie sono decisamente eccessive. Una volta, agli albori della radiologia, le apparecchiature utilizzate erano veramente molto dannose, perché utilizzavano altissimi dosaggi di raggi x, e ci è voluto un po’ a comprenderne i rischi. Nel corso degli anni la tecnica è migliorata molto, e gli apparecchi di oggi non hanno niente a che vedere con quelli che si usavano nei decenni passati. Pensate che solo nell’ultimo decennio, con il passaggio dalle apparecchiature analogiche a quelle digitali, la riduzione dei raggiimpiegata è stata del 15%. Inoltre, nessuno ci pensa ma noi viviamo costantemente immersi nelle radiazioni che arrivano dal sole, e che sono le stesse che vengono utilizzate in radiologia.
Inoltre per fare diagnosi di scoliosi è necessario incrociare i dati della visita con quelli della radiografia. La radiografia fornisce anche  indicazioni sulla prognosi, cioè sui rischi futuri legati alla scoliosi, in particolare il rischio di peggioramento, e serve a monitorare l’andamento della terapia.

Nella nostra esperienza e nei dati che abbiamo pubblicato non è affatto vero che quasi sempre la colonna torni storta come prima della terapia, tanto meno ancora più storta. Se si fanno le cose giuste il risultato è generalmente stabile, per lo meno nel medio termine.

I peggioramenti a fine terapia possono dipendere da vari fattori, che possono agire singolarmente o insieme:
 

- non sono stati fatti gli esercizi
- sono stati fatti esercizi sbagliati
- il corsetto è stato tolto troppo presto
- il corsetto è stato tolto troppo rapidamente 

In uno studio che abbiamo pubblicato, abbiamo proprio dimostrato, per esempio, che chi fa gli esercizi giusti ha un risultato sostanziamente stabile quando abbandona il corsetto, chi fa esercizi poco specifici ha un peggioramento di qualche grado, chi non fa gli esercizi in media peggiora di 5 gradi, a volte anche 10°. Questo a parità di qualità e dosaggio del corsetto.

La fase di abbandono del corsetto è cruciale. Oltre agli esercizi è fondamentale che l'abbandono sia estremamente graduale. La colonna deve abituarsi in maniera progressiva e graduale a stare senza corsetto, soprattutto quando la curva è molto seria.
Per finire, bisogna ricordare che quello che accade in età adulta dipende anche dal risultato finale: chi chiude la terapia sotto i 30° normalmente rimane stabile, chi chiude oltre i 50° tende generalmente a peggiorare gradualmente nel tempo, mentre tra i 30° e i 50° il rischio aumenta progressivamente all'aumentare della curva. Anche di questo bisogna quindi tenere conto.

Sì, lo consigliamo vivamente perché la scoliosi è una patologia caratterizzata da familiarità, cioè dalla tendenza a presentarsi con maggiore frequenza in chi abbia parenti stretti che ne sono colpiti. A questo si aggiunge che quanto prima si individuano eventuali problemi, tanto meno aggressive possono essere le terapie da adottare. Per questo Isico consiglia a chi abbia fratelli e sorelle di età inferiore ai 15 anni di effettuare uno screening preventivo, da ripetere una volta all'anno.

La scoliosi, in certi limiti, non esclude la possibilità di partecipare a concorsi pubblici per entrare a far parte delle Forze Armate.
Nella Gazzetta Ufficiale, nell'allegato "Direttiva tecnica per l'applicazione dell'elenco delle imperfezioni e delle infermità che sono causa di non idoneità al servizio militare", nell'"Articolo 20 - Apparato Locomotore" viene riportato che il candidato viene escluso se ha un angolo di Lippman Cobb superiore a 25°.
Bisogna però fare sempre attenzione al Bando di Concorso e a quello che richiede, per alcune mansioni non possono essere superati i 15°.

La scoliosi idiopatica colpisce in particolare il sesso femminile. Una volta raggiunta l’età adulta, ci sono periodi nella vita di una donna in cui ci sono grandi trasformazioni del corpo che rendono necessaria una maggiore vigilanza.
Uno di questi è la menopausa. Quando sopraggiunge e negli anni successivi aumentano i rischi di un peggioramento repentino della situazione clinica. Il corpo si trasforma e il processo di invecchiamento che subisce un’accelerazione entrando in menopausa può provocare il peggioramento di curve già esistenti e la comparsa di nuove curve, cosiddette “scoliosi de novo”. 
Per questo è importante fare visite periodiche e tenere controllata la propria curva.

Così come non è vero che chi ha la scoliosi non può avere figli, non è nemmeno vero che chi ha la scoliosi può averne soltanto uno.

Gli studi scientifici non mettono in relazione le gravidanze con il peggioramento della scoliosi in età adulta; non c’è quindi motivo per evitare più gravidanze, se questo è il desiderio.

È consigliabile, in ogni caso, consultare un medico specialista della colonna vertebrale che tenga monitorate le curve della scoliosi e che inviti, se necessario, ad intraprendere un percorso con esercizi specifici con l’obiettivo di dare alla schiena maggiori difese nel periodo critico che segue il parto.

L'idea di cambiare il corsetto è naturale che spaventi i ragazzi, ma è improbabile che si debbano affrontare nuovamente i fastidi avuti all'inizio della terapia. In realtà la situazione più frequente è che il corsetto nuovo risulti persino più "comodo", dato che quello smesso era diventato inadeguato perché corto e stretto. L'altro vantaggio è che, alla luce dell'esperienza già fatta, sarà più semplice capire subito quali sono le criticità del nuovo corsetto e fare richieste precise al tecnico ortopedico per far sì che il corsetto calzi al meglio. 

Cominciamo da una premessa: il nome di un corsetto non vuole dire nulla. Purtroppo siamo abituati a pensare ai corsetti come ai farmaci, e quindi una aspirina è diversa da una tachipirina. Questo è solo parzialmente vero per i corsetti, perchè si tratta di un prodotto fatto su misura per ogni singolo paziente, e quindi il successo non dipende dal nome del corsetto ma da come il corsetto viene costruito per il caso del singolo paziente. Se le spinte vengono messe al contrario, se il corsetto viene costruito troppo basso o troppo segnato su un fianco rispetto a come dovrebbe essere, potrebbe anche contribuire a far peggiorare invece che migliorare la scoliosi.

In cosa si differenziano dunque il Sibilla-Chenau e lo Sforzesco? Esistono delle differenze che inducono a preferenze di uno rispetto all'altro in base al singolo caso; la scelta della prescrizione di un tipo piuttosto che di un altro spetta al medico specialista.

Partiamo intanto dal materiale: il Sibilla-Cheneau, adottato in ISICO, è un monovalva costruito in polietilene, mentre lo Sforzesco è un bivalva in materiale molto più rigido collegato da cerniere posteriori per poterlo aprire, a volte con una barra in alluminio. Essendo più rigido, lo Sforzesco ha dimostrato efficacia paragonabile ai vecchi gessi, con il grosso vantaggio di poterlo rimuovere per la doccia.

Il Sibilla-Cheneau tendenzialmente viene proposto in scoliosi meno gravi e con minore rigidità e viene preferito prima della pubertà, mentre generalmente lo Sforzesco è riservato a scoliosi più gravi o che presentano maggiore rigidità (ad esempio in ragazzi con una maturazione ossea più avanzata).

No assolutamente. Il cedimento vertebrale è una situazione patologica dove la vertebra cede e si schiaccia creando una frattura. La componente strutturale si indebolisce ed è come se il "muro" costituito dalla vertebra, troppo deprivata della sua componente di calcio, crolli su se stesso schiacciandosi. Il cedimento posturale invece è strettamente connesso alla colonna vertebrale. Si tratta di una situazione molto frequente, ogni qualvolta la muscolatura non è in grado di controllare la corretta postura. In questo caso la colonna non è in grado di far fronte attivamente alla forza di gravità e viene schiacciata dal proprio peso. Si dice che la schiena si lascia "andare": la forza dei muscoli non è sufficiente o non lavorano in maniera corretta con la conseguenza che la postura risulta rilasciata e la colonna tendenzialmente più flessa. La componente posturale di cedimento è una questione normale e naturale. Più il tronco è ben equilibrato meno si farà fatica a controllarla. La fisioterapia e la forza muscolare sono un'arma efficacissima per contrastarla. La cattiva postura alimenta il cedimento posturale. 

Una colonna perfettamente dritta e un tronco perfettamente simmetrico sono probabilmente rari tanto quanto la scoliosi.

Ognuno di noi presenta, in maniera più o meno visibile, delle asimmetrie. 

Pensiamo a tutto ciò che nel nostro corpo è doppio. Se andassimo a misurare nel dettaglio la lunghezza e le dimensioni di mani, piedi, braccia e gambe quasi certamente noteremo delle piccole differenze. 

Un'asimmetria è un vero problema solo quando pone il corpo in una condizione di disequilibrio.

Simmetrico e dritto = in salute

L'equazione non è sempre vera e soprattutto la salute non è preclusa in presenza di asimmetrie. 

Funzionale = in salute

Il vero obiettivo è proprio questo e va messo in chiaro fin da subito: non dobbiamo ricercare una colonna perfettamente dritta, bensì una colonna che funziona nel migliore dei modi e con un'estetica il più possibile nella norma.

L’esercizio fisico aiuta ad alleviare il dolore, a migliorare la funzionalità e la qualità della vita. Una schiena sana, che non vuol dire dritta, è una schiena capace di sopportare gli stress della vita quotidiana.
In presenza di scoliosi inoltre è particolarmente importante allenare la muscolatura di sostegno della colonna, per raggiungere la stabilizzazione. Dobbiamo però distinguere tra sport ed esercizi specifici eseguiti in autocorrezione, ossia quei movimenti che portano a un miglior posizionamento della colonna nei tre piani dello spazio e che il paziente esegue in modo attivo. Gli esercizi specifici sono una vera e propria terapia, mentre non esiste uno sport che “curi” la scoliosi.

L’adulto con scoliosi può e DEVE praticare attività fisica, almeno per 2-3 volte a settimana, scegliendo tra le diverse discipline sportive a seconda delle proprie propensioni e nel rispetto dei propri limiti, e per chi ha anche dolore, nel rispetto dello stesso.

Nel 20% dei casi la causa della scoliosi è nota e secondaria ad altre patologie. 

In particolare, la scoliosi può essere manifestazione di difetti congeniti, ovvero alterazioni che si originano prima della nascita, come anomalie nella formazione vertebrale, fusioni costali o saldature vertebrali. Altri disturbi che possono dare origine a scoliosi sono sindromi eredogenetiche, coinvolgenti il sistema nervoso e/o quello muscoloscheletrico e malattie quali neurofibromatosi, morbo di Marfan, sindrome di Willi-Prader e siringomielia.

In un'altra quota di casi, la scoliosi può essere secondaria a cause iatrogene, ovvero “effetti collaterali” di trattamenti medico-sanitari svolti, tra cui la radioterapia o interventi chirurgici come laminectomie o toracotomie.

Infine le scoliosi possono essere derivare da altre cause, come ustioni o cicatrici retratte, paraplegie post traumatiche, tumori vertebrali o infezioni vertebrali batteriche o parassitarie.

Complessivamente sono caratterizzate da una maggiore aggressività e da una minor risposta al trattamento rispetto alle scoliosi idiopatiche.

In tutti questi casi, in presenza di sospetta o accertata scoliosi secondaria, diviene fondamentale rivolgersi ad un medico specialista in patologie vertebrali.

Trovare un equilibrio tra il benessere psicologico dei propri figli e quello che è necessario fare per la loro salute non è sempre facile, soprattutto se gli specialisti a cui ci si rivolge si contraddicono tra loro, generando nei genitori confusione invece di fiducia. Il corsetto non è come l’apparecchio ortodontico o gli occhiali, è più ingombrante e soprattutto non è d’uso comune, cosa che ci porta ad essere più diffidenti nei suoi confronti. Per questo è importante cercare di rendere "normale" il più possibile il corsetto non solo con chi lo deve indossare, ma anche con gli amici, i compagni di classe e i familiari. Chi porta il corsetto non è qualcuno da compatire e i genitori che supportano i figli in questo percorso non sono degli aguzzini.
Normalizzare e socializzare il corsetto aiutano a ridurre la sensazione di sentirsi diversi e ad affrontare con maggiore serenità gli anni dell’adolescenza. Ricordiamoci però che la sensazione di sentirsi diversi è comune a tutti gli adolescenti, corsettatti e non! Non è il corsetto in sé a rovinare l’infanzia o l’adolescenza, ma è il modo in cui lo si vive che può costituire un problema. Questo però per fortuna si può modificare. A volte si riesce a farlo da soli, altre volte può essere utile confrontarsi con uno psicologo per trovare il supporto necessario a riposizionarsi rispetto alle difficoltà che ci si trova a dover affrontare. 

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Tra il turbinio di emozioni che si possono provare all’idea di dover indossare un corsetto, la tristezza è sicuramente una delle più frequenti. È normale sentirsi inizialmente tristi e avere paura, ma è necessario raccogliere tutte le forze (e i ragazzi ne hanno molte e anche inaspettate!) per reagire e affrontare quello che, solo in un primo momento, può sembrare un ostacolo insormontabile. È fondamentale avere in testa che il nemico contro cui combattere non è il corsetto ma la scoliosi, e che il corsetto da solo non è in grado di rovinare l’adolescenza, mentre possono farlo i limiti che creiamo dove in realtà non ci sono. Il corsetto non deve essere un motivo di vergogna, semmai di orgoglio perché ci chiama ad essere coraggiosi, e tanto più ci si mette alla prova nel superare le difficoltà, nonostante la paura, quanto più si cresce diventando forti e capaci di affrontare anche le asperità della vita.

Trovare un equilibrio tra il benessere psicologico dei propri figli e quello che è necessario fare per la loro salute non è sempre facile, soprattutto se gli specialisti a cui ci si rivolge si contraddicono tra loro, generando nei genitori confusione invece di fiducia. Il corsetto non è come l’apparecchio ortodontico o gli occhiali, è più ingombrante e soprattutto non è d’uso comune, cosa che ci porta ad essere più diffidenti nei suoi confronti. Per questo è importante cercare di rendere "normale" il più possibile il corsetto non solo con chi lo deve indossare, ma anche con gli amici, i compagni di classe e i familiari. Chi porta il corsetto non è qualcuno da compatire e i genitori che supportano i figli in questo percorso non sono degli aguzzini.

Normalizzare e socializzare il corsetto aiutano a ridurre la sensazione di sentirsi diversi e ad affrontare con maggiore serenità gli anni dell’adolescenza. Ricordiamoci però che la sensazione di sentirsi diversi è comune a tutti gli adolescenti, corsettatti e non! Non è il corsetto in sé a rovinare l’infanzia o l’adolescenza, ma è il modo in cui lo si vive che può costituire un problema. Questo però per fortuna si può modificare. A volte si riesce a farlo da soli, altre volte può essere utile confrontarsi con uno psicologo per trovare il supporto necessario a riposizionarsi rispetto alle difficoltà che ci si trova a dover affrontare. 

In caso di visita e terapia in una struttura privata, come Isico,  il corsetto per i pazienti minorenni è comunque a carico del Sistema Sanitario Nazionale ovunque il paziente scelga di curarsi.
Dopo la visita presso un centro privato, occorre recarsi con l'impegnativa del proprio medico curante da un medico specialista (fisiatra o ortopedico) facente parte di una struttura sanitaria pubblica, che, se d'accordo (e di norma lo è), prescrive il corsetto. Nella maggior parte delle regioni bisogna poi allegare alla prescrizione il preventivo dell'officina ortopedica, consegnando i documenti all'ufficio protesi dell'ASL.  Quest'ultimo rilascia, dopo un certo periodo, l'autorizzazione alla fornitura del presidio. Dopo l'arrivo del corsetto è infine importante fare il collaudo con il medico prescrittore dell'ASL.

Ad oggi in letteratura non ci sono articoli che correlino il problema dei piedi piatti allo sviluppo della scoliosi: in alcuni articoli vengono descritti come due problemi che possono coesistere nei soggetti in crescita.

Quindi può succedere che lo specialista della colonna vertebrale faccia salire il ragazzo sul podoscopio per fare un'attenta valutazione dell'appoggio dei piedi, ma attenzione nel pensare che questo possa influenzare o far deviare la colonna vertebrale.

Trovare un equilibrio tra il benessere psicologico dei propri figli e quello che è necessario fare per la loro salute non è sempre facile, soprattutto se gli specialisti a cui ci si rivolge si contraddicono tra loro, generando nei genitori confusione invece di fiducia. Il corsetto non è come l’apparecchio ortodontico o gli occhiali, è più ingombrante e soprattutto non è d’uso comune, cosa che ci porta ad essere più diffidenti nei suoi confronti. Per questo è importante cercare di rendere "normale" il più possibile il corsetto non solo con chi lo deve indossare, ma anche con gli amici, i compagni di classe e i familiari. Chi porta il corsetto non è qualcuno da compatire e i genitori che supportano i figli in questo percorso non sono degli aguzzini.

Normalizzare e socializzare il corsetto aiutano a ridurre la sensazione di sentirsi diversi e ad affrontare con maggiore serenità gli anni dell’adolescenza. Ricordiamoci però che la sensazione di sentirsi diversi è comune a tutti gli adolescenti, corsettatti e non! Non è il corsetto in sé a rovinare l’infanzia o l’adolescenza, ma è il modo in cui lo si vive che può costituire un problema. Questo però per fortuna si può modificare. A volte si riesce a farlo da soli, altre volte può essere utile confrontarsi con uno psicologo per trovare il supporto necessario a riposizionarsi rispetto alle difficoltà che ci si trova a dover affrontare. 

Tra il turbinio di emozioni che si possono provare all’idea di dover indossare un corsetto, la tristezza è sicuramente una delle più frequenti. È normale sentirsi inizialmente tristi e avere paura, ma è necessario raccogliere tutte le forze (e i ragazzi ne hanno molte e anche inaspettate!) per reagire e affrontare quello che, solo in un primo momento, può sembrare un ostacolo insormontabile. È fondamentale avere in testa che il nemico contro cui combattere non è il corsetto ma la scoliosi, e che il corsetto da solo non è in grado di rovinare l’adolescenza, mentre possono farlo i limiti che creiamo dove in realtà non ci sono.

Il corsetto non deve essere un motivo di vergogna, semmai di orgoglio perché ci chiama ad essere coraggiosi, e tanto più ci si mette alla prova nel superare le difficoltà, nonostante la paura, quanto più si cresce diventando forti e capaci di affrontare anche le asperità della vita.

Succede che le scapole, le due ossa triangolari poste lateralmente alla colonna vertebrale, risultino staccate medialmente dal torace, apparendo quindi sollevate e maggiormente visibili. Questo difetto, comunemente chiamato "scapole alate", generalmente si presenta bilateralmente e colpisce prevalentemente ragazzi in età 12-14 anni.

Le "scapole alate" di per sé non sono un problema reale, ma eventuali alterazioni delle simmetrie o dell'estetica dei profili scapolari possono nascondere patologie più serie legate alla colonna vertebrale.

Un ottimo test da fare per escludere la presenza di una curva scoliotica è far flettere anteriormente il ragazzo mantenendo le ginocchia distese, fino a quando il tratto  dorsale è nel punto più alto di flessione: a quel punto va valutata l'eventuale presenza di un gibbo, ovvero una prominenza del tronco lateralmente alla colonna vertebrale, che fa sì che un lato rimanga più alto dell'altro.

Poiché di notte è impossibile controllare le posizioni che si assumono, il nostro consiglio è di dormire serenamente nelle posizioni che più vi sono comode: non esistono posizioni più o meno corrette. Verificate solo che la superficie su cui appoggia il materasso (solitamente doghe, rete o piano rigido) lo mantenga parallelo al suolo, che la parte centrale non ceda verso il basso, “imbarcandosi”.  Chi poi indossa il corsetto non deve neppure porsi il problema: la colonna vertebrale rimane in posizione corretta a prescindere dalle posizioni assunte.

Importante è mantenere uno stile di vita attivo, praticare sport e, se state seguendo un trattamento riabilitativo, impegnarsi con gli esercizi specifici fisioterapici e/o con il corsetto. L’ultimo consiglio? Passare meno tempo possibile sdraiati nel letto o sul divano, se non per riposare o godersi un film!

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