Cosa mangiamo può influenzare non solo la nostra salute generale, ma anche il modo in cui percepiamo il dolore. Un recente studio australiano ha svelato una connessione sorprendente tra dieta equilibrata e riduzione del dolore cronico, andando oltre il semplice legame con l’obesità.
Una Sfida Multidimensionale
Il dolore cronico è una condizione complessa, che colpisce milioni di persone nel mondo. Sebbene spesso associato a lesioni o malattie specifiche, la scienza sta dimostrando che esistono fattori meno evidenti, come lo stile di vita e l’alimentazione, che possono modulare la percezione del dolore.
Uno studio recente condotto negli Stati Uniti ha dimostrato che l’aumento dell’indice di massa corporea (IMC) è correlato al dolore cronico con un range compreso tra il 10% e il 32%.
Tuttavia, il rapporto tra adiposità e dolore non è unidirezionale: “Il dolore stesso può contribuire all’aumento di peso – commenta la dott.ssa Irene Ferrario, psicologa specialista di ISICO – poiché molte persone tendono a ridurre l’attività fisica o sviluppano una paura crescente di muoversi”.
In questo contesto, un altro studio condotto dall’Università dell’Australia Meridionale ha analizzato come la dieta influisca sui livelli di dolore corporeo.
La scoperta più interessante? I benefici di una dieta sana non si limitano alle persone in sovrappeso, ma si estendono anche ai normopeso.
“È importante comprendere che non esiste un’unica causa per il dolore cronico. Fattori come la dieta, il movimento e la gestione dello stress devono essere visti come parti di un approccio integrato alla cura”, spiega Francesco Saveri, fisioterapista presso ISICO.
Dieta e dolore: non solo una questione di peso
Tradizionalmente, il peso corporeo è stato considerato il principale ponte tra alimentazione e dolore cronico. L’eccesso di peso può sovraccaricare le articolazioni e favorire l’infiammazione, peggiorando il dolore. Tuttavia, lo studio australiano ha evidenziato che l’alimentazione svolge un ruolo indipendente.
I partecipanti che seguivano una dieta ricca di frutta, verdura, cereali integrali, carni magre e latticini hanno riportato livelli di dolore significativamente inferiori, a prescindere dal loro indice di massa corporea (BMI).
Questo suggerisce che una dieta equilibrata potrebbe modulare i processi infiammatori e ossidativi che amplificano la percezione del dolore.
“Educare i pazienti a migliorare l’alimentazione è fondamentale, non solo per ridurre il dolore, ma anche per promuovere uno stile di vita più sano a lungo termine. È un investimento sulla loro qualità di vita”, aggiunge Saveri.
Gli ingredienti di una dieta “antidolorifica”
Quali alimenti possiamo includere nella nostra dieta per alleviare il dolore?
Secondo gli esperti, è essenziale privilegiare:
- Frutta e verdura: ricche di antiossidanti e composti anti-infiammatori.
- Cereali integrali: che stabilizzano i livelli di zucchero nel sangue, riducendo l’infiammazione.
- Proteine magre: come pesce e carni bianche, che forniscono aminoacidi essenziali per la riparazione dei tessuti.
- Grassi sani: come olio d’oliva e frutta secca, che supportano il sistema nervoso e riducono lo stress ossidativo.
Perché l’alimentazione conta?
La chiave di tutto sta nei processi infiammatori. Una dieta ricca di zuccheri semplici, grassi saturi e cibi ultra-processati aumenta lo stress ossidativo e le citochine pro-infiammatorie, peggiorando il dolore.
Al contrario, un’alimentazione bilanciata aiuta a mantenere un equilibrio infiammatorio, migliorando non solo la salute generale, ma anche la qualità della vita dei pazienti.
“Intervenire sull’alimentazione rappresenta una strategia accessibile, priva di costi elevati e con difficoltà limitate, se non quelle legate al cambiamento delle abitudini quotidiane – conclude Saveri – I benefici di una dieta equilibrata sono numerosi e significativi: oltre a favorire la riduzione del peso corporeo, contribuisce a diminuire l’infiammazione sistemica, riducendo così la percezione del dolore e migliorando in modo rilevante la qualità della vita e la funzionalità fisica di milioni di persone”.